LA TV UCCIDE LA CULTURA? • TOMASO MONTANARI E LUCA SOMMI A PIÙ LIBRI PIÙ LIBERI 2019


Dal 4 all’8 Dicembre si è tenuta la XVIII edizione di Più libri Più liberi, la fiera nazionale della piccola e media editoria di Roma. Durante l’edizione di quest’anno, lo storico dell’arte e conduttore televisivo Tomaso Montanari ha tenuto una serie di incontri tra i quali quello del 7 Dicembre in Sala Sirio provocatoriamente intitolato “La tv uccide la cultura?” in cui, accompagnato dall’esperto d'arte e autore televisivo Luca Sommi, si è discusso se sia possibile fare cultura in modo specialistico attraverso la televisione, non solo un oggetto che oggi fa parte della vita di ogni persona ma anche un mezzo di diffusione di contenuti con i quali si è irrimediabilmente portati a rapportarsi quotidianamente.

« La cultura la uccide l’uomo, non la può uccide la televisione in quanto tale. La televisione la fa l’uomo. Se la televisione la fa uno che esalta la cultura, non la uccide. »

Questo è stato l'esordio di Luca Sommi, che ha messo subito in chiaro la posizione di entrambi. Anche se il difetto più grande della televisione è quello di vivere di audience, è possibile mettere in televisione parole importanti ricevendo anche un riscontro positivo come nel caso dei programmi televisivi condotti da Alberto Angela che, di sabato sera, riescono a brillare nonostante l'ennesimo talent show.

A questo punto per Tomaso Montanari è stato necessario mettere in chiaro che cos'è la cultura in quanto, a seconda dell'idea che ne ha ognuno di noi e di chi fa televisione, dipende la qualità dei prodotti televisivi che vengono proposti al pubblico e che il pubblico guarda.

« La cultura si trova al bivio tra l’idea di intrattenimento e quella di pensiero critico, e cioè: la cultura serve a rilassarsi, a non pensare e a evadere in maniera meno triviale rispetto ad altre strade o è qualcosa che ha a che fare con la nostra presa critica del mondo e magari anche con la nostra determinazione a cambiarlo. Sono due modi di vedere la cultura molto diversi e due modi di fare cultura molto diversi.

Tra i commenti più belli che ricordo più legati a una mia trasmissione — credo che fosse la serie su Caravaggio — è quello di un camionista, che spero la guardasse nelle aree di sosta, che diceva ‘Grazie perché non ci parla come a dei deficienti’. Questa idea che la divulgazione, o direi meglio la condivisione della cultura attraverso la televisione, debba essere fatta al ribasso, e cioè appunto pensandola come intrattenimento e soprattutto con un linguaggio adatto a dei deficienti, fa parte di quel circolo vizioso che ha trasformato davvero la televisione in qualcosa che gioca dalla parte del massacro e non dalla parte dell’antidoto. Dunque, come al solito, bisogna capire da che parte si sta. »

Come ha sottolineato Luca Sommi, il difetto di alcuni programmi culturali, anche specialistici, è quello di adottare un approccio in cui si cerca di suscitare l'emozione attraverso riprese spettacolari e musiche suggestive piuttosto che quello di veicolare contenuti che possano fornire delle nozioni concrete al pubblico, secondo una linea di tendenza che appiattisce l'importanza, il valore e il significato stesso di ciò di cui si sta parlando e l'intelligenza dello spettatore.

« La pancia e l’emozione opposta alla testa, alla razionalità e alla conoscenza storica. Non si potrebbe fare un servizio peggiore perché naturalmente l’arte è anche emozione — i Gesuiti del Seicento, che se ne intendevano, dicevano che le opere d’arte servivano a docere, delectare e movere (a insegnare, a dare diletto e anche a emozionare) ma le tre cose non sono separabili. Credo che raccontare l’arte, e raccontarla in modo storico, sia la cosa più appassionante che si possa fare.

[...] Sono ammirato di come si possa parlare per tre minuti di un’opera d’arte senza dire assolutamente nulla, pensando che l’opera parli da sola. E questo è un grave errore e una pessima scusa perché le opere d’arte non parlano da sole, hanno bisogno della nostra voce, degli storici dell’arte ma anche quella di tutti.

[...] Roberto Longhi, il più grande storico dell’arte del Novecento, dice che il modello dello storico dell’arte dovrebbe essere il romanzo storico di Manzoni, che cercava di tuffarsi nel tessuto storico del tempo che voleva raccontare per poter riemergere narrando.

Questo non vuol dire che la storia dell’arte si possa raccontare come un romanzo, cioè stravolgendola e finendo a Dan Brown con Il Codice da Vinci, che è il ribaltamento della storia. Qual è la differenza? Che Dan Brown ci dice che parla di Maria Maddalena e Leonardo ma in realtà parla del nostro presente, delle nostre ossessioni, della nostra moralità e delle nostre priorità; cioè trasforma il passato in uno specchio in cui guardiamo le nostre facce. E questo ci piace tantissimo perché siamo narcisisti ma di fatto usciamo da questa esperienza senza nulla di più di quando ci siamo entrati. La conoscenza del passato è una conoscenza che porta una esperienza di alterità, di diversità. E abbiamo un bisogno disperato di conoscere la diversità»

Montanari smentisce che la cultura sia qualcosa di elitario, che solo chi ha in mano un titolo specifico, che fa parte di un determinato circolo o che ha gli strumenti ritenuti ‘più adatti’ possa ‘far cultura’ e che la persona ritenuta ‘di media cultura’ sia del tutto incapace di conoscere e di rapportarsi con un'opera a un livello più profondo del tipico movimento di viscere.

Oggi è possibile accedere al mondo della cultura più facilmente che in passato grazie a biblioteche, musei (che dovrebbero accogliere il pubblico senza dover far pagare il biglietto di entrata) e internet. Come detto da Luca Sommi, la scusa della mancanza di tempo non regge: se si ha tempo di sapere tutto della vita di una celebrità, si ha anche il tempo di fare una rapida ricerca su un'opera o sul suo autore.

« Il più bel libro divulgativo di storia dell’arte è il libro di Gombrich, che fu un grande storico dell’arte viennese che andò a Londra perché ebreo, Il racconto dell’arte. Non history, storia, ma il racconto dell’arte. Erano le conversazioni che faceva alla BBC, alla radio televisiva, mentre Londra era sconvolta dai bombardamenti. In un momento in cui sembrava che non ci fosse futuro, Gombrich parlava di passato, parlava di arte. La radio, la musica e il teatro servono proprio mentre ti bombardano. Se nel momento in cui si combatte si dimenticano le ragioni per cui si combatte, ci arrendiamo. 

Ho segnalato questo libro a un mio coetaneo da cui compro la verdura a Firenze nel mio quartiere perché aveva visto alla televisione me che parlavo di storia dell’arte e mi aveva chiesto un consiglio. Si è appassionato e la cosa meravigliosa è che ogni giorno che andavo a fare la spesa parlavamo di un nuovo capitolo. Arrivato alla fine del libro, ha iniziato a leggersi altre cose. […] È una cosa meravigliosa perché smentisce tutti i luoghi comuni, che smentisce il fatto che queste sono cose difficili che non hanno a che fare con la vita quotidiana e che le persone hanno altri problemi. Le persone hanno esattamente il problema di dare un senso alla vita su questa terra e Teodorico può dare un senso. La conoscenza non del passato ma dell’uomo nel tempo, perché la storia studia l’uomo nel tempo, e dunque mette in collegamento i vivi e i morti, dà un senso profondo al nostro futuro e al nostro passato»

Risvegliando la coscienza civica di ogni singolo cittadino, Montanari invita chiunque a prendere parte a quel meraviglioso momento di condivisione e circolazione della cultura perché contribuisce non solo a trovare un senso alla propria vita ma anche a comprendere il senso della storia.

« La storia dell’arte serve per diventare persone umane e serve per gli italiani ad avere coscienza della propria nazione. [...] La televisione può restituire tutto questo»

La cultura è pericolosa ma ci sono programmi culturali che, con ribellione e senza paura, portano avanti la propria missione. Del Professor Montanari vi segnalo:
La libertà di Bernini (8 puntate);
La vera natura di Caravaggio (12 puntate);
I silenzi di Vermeer (4 puntate);
Favole Forme Figure (12 puntate)*;
Velázquez. L'ombra della vita (4 puntate);
Eretici (10 puntate)*.
* Disponibili sulla piattaforma tv Loft de Il Fatto Quotidiano.

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Un sentito ringraziamento all'Ufficio Stampa che mi ha permesso di partecipare all'edizione di quest'anno con il pass stampa.

Commenti

  1. Che bell'articolo, dev'essere stato senz'altro un incontro molto interessante! Personalmente ho guardato alcuni dei programmi che hai menzionato alla fine, e posso affermare che li ho trovati davvero utili e formativi. Segno che forse dopotutto c'è ancora speranza di trarre positività dalla televisione e le nuove tecnologie!

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    1. L'incontro è stato interessantissimo, sono molto contenta di avervi partecipato!
      Quali programmi hai visto? Mi fa piacere che anche tu li abbia trovati validi. :)

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