I MONDI E LE PROTAGONISTE DI FRANCES HARDINGE, PT. 2/2 • MARE DI LIBRI 2019


La XII edizione di Mare di Libri, l’unico festival italiano dedicato ai libri per ragazzi e da loro interamente gestito, si è tenuta dal 14 al 16 Giugno. 

Il programma di quest’anno, come quelli delle precedenti edizioni, è stato ricco di eventi e incontri con esperti del settore e scrittori sia italiani che stranieri con i quali sono stati affrontati temi come la guerra, la memoria, la diversità, l’uguaglianza, il cambiamento climatico, l’importanza dell’immaginazione e della letteratura per ragazzi. 

Uno degli incontri a cui non vedevo l’ora di partecipare era quello con Frances Hardinge, previsto per sabato 15 Giugno alle ore 16:30 al Cinema Fulgor. La Hardinge è stata intervistata dai ragazzi del gruppo Qualcuno con cui correre di Firenze, che le hanno posto una serie di domande relative ai suoi tre romanzi pubblicati in Italia da Mondadori (L’albero delle bugie, Una ragazza senza ricordi, La voce delle ombre) e sul suo percorso come scrittrice per ragazzi.

« Sono sempre stata innamorata delle storie, probabilmente perché i miei genitori leggevano storie e hanno circondato me e mia sorella di libri quando eravamo piccole. I miei genitori si sono incontrati per la prima volta quando lavoravano nella stessa libreria, quindi i libri hanno sempre fatto parte della mia famiglia.

Ho iniziato a scrivere storie quando ero ancora abbastanza giovane. Una storia che ho scritto quando avevo circa sei anni includeva un tentativo di avvelenamento, una falsa morte, un cattivo precipitato da una scogliera. Ho scritto anche una poesia intitolata Drago della notte nello stesso periodo che parla di un bellissimo drago nero che vola nella notte, che piano piano plana sulla città e mangia la gente che cammina in strada. Le mie storie sono sempre state un po’ oscure, quello che è cambiato è che si sono fatte più lunghe.

Il perché scrivo per ragazzi si deve al fatto che, quando ero già piuttosto avanti nel processo di scrittura di un mio libro, una mia cara amica mi fece notare che quelle favole oscure che scrivevo si sarebbero prestate benissimo a un pubblico di ragazzi.

Penso che l’adolescenza sia un periodo interessante della vita, che ricordo molto bene perché per me non è stato un momento facile. È un periodo in cui le persone scoprono molte cose e mettono in discussione ciò che viene detto loro, e iniziano a capire che ciò che sei è diverso da ciò che ti è stato detto di essere.

Mi piace anche il fatto che scrivere per ragazzi offre la possibilità di mescolare i generi, creare qualcosa di nuovo, mischiare ingredienti diversi. Invece per la letteratura per adulti molte volte si ha la sensazione di dover rientrare in schemi più rigidi. »

Le storie di Frances Hardinge sono strane, misteriose e oscure, e i suoi personaggi bizzarri e originali. In particolare le sue eroine hanno a che fare con una forza al loro interno, che spesso viene descritta come una fame incontenibile (metaforica e non), che spinge per uscire fuori e per cui mettono continuamente in discussione la loro identità.

« Sono davvero cattiva con i miei personaggi principali, non rendo loro la vita facile. Li metto in pericolo, spesso do loro genitori orribili e li inserisco in periodi storici che rendono loro le cose ancora più difficili. E questo ancora prima che inizi a trattare degli aspetti soprannaturali. L’inizio dell’adolescenza è un’età di grandissimi cambiamenti e alcuni di quelli che le mie protagoniste vivono sono più estremi di quelli delle altre persone.

La protagonista di Una ragazza senza ricordi, Triss, subisce un cambiamento molto radicale. I suoi ricordi non le sembrano più i suoi, non si riconosce in ciò che era e in ciò che la sua famiglia le dice che dovrebbe essere. Vive soprattutto dei grandi cambiamenti fisici che la spaventano e che la fanno sentire estranea a se stessa. Questo, tutto sommato, capita alla maggior parte dei ragazzi e delle ragazzi ma ciò che non succede loro, e che succede alla protagonista del libro, è di sviluppare un dente particolarmente appuntito. 

In L’albero delle bugie, Faith non sviluppa un potere soprannaturale, non cambia dal punto di vista fisico ma subisce una rivoluzione della mente. Le capita una cosa che capita spesso ai miei personaggi: si scopre profondamente carica di rabbia nei confronti di una serie di cose.

Molti dei miei personaggi principali sono arrabbiati ma solitamente non lo realizzano all’inizio, è parte di un processo in cui devono riuscire a riconoscere in loro la rabbia. Faith vive nell’età Vittoriana ed è interessata alla scienza, ma è una ragazza ed è il XIX secolo, un’epoca molto costrittiva per una ragazza. Non andrà all’Università e riceve continue pressioni dalla società, che la costringe a essere in un certo modo. Dentro Faith, che dimostra un aspetto esteriore tutto sommato docile, adatto a quello che il mondo vorrebbe da lei, c’è questa rabbia furiosa che, quando il padre muore, esce fuori portando dei cambiamenti con sé.

In La voce delle ombre, ambientato nel 1600, la protagonista è Makepeace, che ha ereditato dalla famiglia di suo padre un dono o una maledizione, dipende da come si vede, che non scopre prima di avere dieci anni. Dentro di lei può ospitare i fantasmi che non hanno più un corpo e deve cercare di fare in modo che loro non prendano il controllo del suo corpo. In lei però c’è un spirito particolare, molto arrabbiato, molto morto, molto confuso: un orso. Cosa che non le semplifica la vita perché non è facile spiegare a questo spirito che non si dovrebbero cavare gli occhi alla gente, che non si possono aggredire le persone. »

Vista la particolarità delle sue storie e l'originalità degli eventi descritti, le è stato chiesto quanto di inventato e quanto invece di autobiografico c'è in quello che scrive.

« Sono felice di poter dire che non una cosa descritta nei miei libri mi è mai capitata. Non ho mai sviluppato un dente mostruoso e non ho mai desiderato uccidere mia sorella, ma soprattutto nessuno può dimostrare il contrario. Ma a volte succede che attingo a emozioni che sono le mie o prendo cose che mi fanno paura per adattarle alla storia, tradurle in modo tale che funzionino perché, se devo scrivere una storia, devo essere coinvolta da quello che sto scrivendo. Ciò che succede alla fine è che qualcosa di me si insinua all’interno dei miei personaggi. »

Nei suoi libri Frances Hardinge racconta di mondi estremamente originali ma allo stesso tempo oscuri e terrificanti in cui si muovono giovani protagoniste dai nomi talvolta bizzarri (che in qualche modo racchiudono tutta la loro essenza) che devono affrontare il male e ogni sorta di pericolo per portare alla luce segreti e verità nascoste con il fine di realizzare il proprio percorso di crescita con la conseguente conoscenza di se stessi, degli altri e dei meccanismi del mondo in cui vivono.

« Sono molto interessata ai momenti storici di grandi cambiamenti, di rivoluzione, tempi in cui il mondo cambia, in cui la percezione che la gente ha del mondo attorno a sé è cambiata. Per esempio Una ragazza senza ricordi è ambientato dopo la Prima guerra mondiale. La protagonista e le persone attorno a lei non piangono solo chi è morto durante la guerra ma piangono il mondo che conoscevano e che non esiste più.

L’albero delle bugie affronta un periodo in cui l’evoluzione della specie stava cominciando ad affermarsi e a diventare sempre più nota e accettata. Si scopre che l’età del mondo è molto più vecchia di quanto si pensava fino a quel momento. Questo è un cambiamento che sconvolge molti e che mette molto in discussione, anche il posto dell’uomo nel mondo.

La guerra civile inglese di cui scrivo ne La voce delle ombre è un enorme cambiamento, al punto tale che alcuni contemporanei dell’epoca pensavano che fosse l’arrivo della fine del mondo, che non ci sarebbe stata più storia.

Mi piace scrivere di questi tempi di cambiamento, in cui c’è molta azione e ci sono situazioni emozionanti. Il cambiamento nella storia dell’uomo è un fatto naturale e può essere un processo graduale oppure immediato, e come tale traumatico. Mi interessa esplorare come reagiscono le persone davanti a un cambiamento traumatico, chi si tiene a galla e chi si lascia andare. »

Dalle storie della Hardinge emerge la sua grande inventiva ed è evidente la fusione tra elementi provenienti della letteratura vittoriana (la preferita dell'autrice) con quelli propri del mistery e del fantastico.

« In realtà ho sempre avuto un’immaginazione improntata verso il fantastico. È quello che mi piace leggere e mi sono sempre trovata a mio agio con questo genere di immaginazione, di storie. Penso che il fantastico ci aiuti a fare un passo indietro rispetto al quotidiano, dalla realtà in cui viviamo tutti i giorni, e a guardarlo attraverso la lente di uno specchio deformante. Che è deformante, sì, però forse può aiutarci a guardarla in modo più accurato, più vicino al vero. Il fantastico è anche uno strumento di ispezione psicologica e poi è estremamente liberatorio, mi permette di fare qualunque cosa. »

Le protagoniste delle tre storie pubblicate in Italia sono tre ragazze ma la Hardinge ha scritto anche di due personaggi maschili in Verdigris Deep (pubblicato anche con il titolo Well Witched):

« Sì, e infatti l’ho già scritta, solo che non è ancora stata tradotta. E ne sto scrivendo un’altra, che è ancora in fase di editing. »

Le trame delle storie della Hardinge, nessuna esclusa, sono particolarmente ricche, complesse e articolate, ma tutto riesce a ricongiungersi perfettamente nel finale.

« Sono una di quegli scrittori che pianificano le storie invece di scoprirle man mano andando avanti. Faccio un sacco di piani prima di scrivere. Uno dei motivi per cui pianifico è che le mie storie contengono elementi di mistero e ho scoperto che mi aiuta molto ad arrivare alla fine se so dove voglio andare, cosa c’è dietro il mistero.

Faccio un sacco di piani per altre due ragioni. Le mie storie hanno alla base molte ricerche in relazione al periodo storico di cui sto scrivendo, faccio attenzione a cosa so già e cosa mi manca. La terza ragione è un po’ imbarazzante ma, quando arrivo a due terzi del libro che sto scrivendo, arriva un momento, quando mi manca poco alla fine, in cui lo odio. Sono convinta che sia orribile e che non piacerà mai a nessuno. A quel punto quello che mi aiuta ad andare avanti è ricordarmi che ho un piano. Aiuta ad arrivare alla fine, avere un piano. »

Frances Hardinge scrive principalmente volumi unici e la motivazione per questa sua predilezione è molto semplice e in parte si ricollega alla risposta precedente:

« I miei libri sono volumi unici ma in effetti ho scritto un seguito, anche questo non è stato tradotto [Twilight Robbery (pubblicato anche con il titolo Fly Trap), seguito di Fly by Night (tradotto nel 2006 da Fabbri con il titolo Volo nella notte)]. Scrivo volumi unici in parte perché mi piace la varietà, mi è sempre piaciuto affrontare nuovi personaggi, creare nuovi mondi, esplorare nuove ambientazioni. L’altra ragione è quella di cui ho appena parlato: nel momento in cui finisco un libro, lo odio, quindi l’ultima cosa che voglio fare è scrivere un seguito. »

Nel dare le sue risposte alle domande dei ragazzi, la Hardinge è sempre stata molto precisa e loquace, oltre che coinvolgente e simpatica; sorprende quasi il fatto che da bambina fosse estremamente timida, un tratto della sua personalità che le ha permesso di sviluppare quel particolare umorismo e la grandissima fantasia che riversa nei suoi libri.

« Ero incredibilmente timida. Davvero, davvero timida. Ero l’equivalente sociale del mantello dell’invisibilità di Harry Potter. Mi muovevo nel mondo avvolta nel mio mantello. Se mi avessero detto allora che da grande sarei diventata qualcuno che per lavoro fa incontri con le persone, non ci avrei mai creduto.

La cosa curiosa è che, quando sei molto timido, la gente tendenzialmente tende ad associare la timidezza a un carattere molto dolce, ha l’idea che tu sia una persona molto tranquilla e tenera. Nel momento in cui ti parlano e scoprono che hai un’immaginazione piuttosto oscura e cupa, e un bizzaro e strano senso dell’umorismo, la loro prima reazione è quella di rimanere un po’ perplessi. Gli adulti che mi si sono avvicinati quando ero ragazzina e mi chiedevano cosa stessi scrivendo, quando leggevano, esclamavano “Oh, ma è un omicidio!”. »

I personaggi della Hardinge, non solo quelli principali ma anche quelli secondari, con il tempo si rivelano diversi da come appaiono in un primo momento agli occhi degli altri personaggi e dello stesso lettore.

« È una scelta voluta. Questi personaggi cambiano perché penso che le persone siano complesse, abbiano molte sfaccettature. Non siamo come i programmi del computer, noi siamo diversi, cambiamo. Anche se siamo su una strada sbagliata, non importa quanto sia oscura, abbiamo la possibilità di fare delle scelte e fare delle scelte ci consente di cambiare. Da un certo punto di vista sono cinica nei confronti delle persone e del mondo, eppure allo stesso tempo sono ottimista. »

Essendo Mare di Libri un festival dedicato ai libri per ragazzi, una domanda ricorrente che viene rivolta agli scrittori ospiti è perché, secondo la loro opinione, nel mondo della letteratura ci siano dei forti pregiudizi nei confronti della letteratura per ragazzi.

« C’è un certo tipo di adulto che guarda a questo tipo di libri con supponenza ma penso che, chi lo fa, non abbia mai letto un libro per ragazzi. C’è anche un’altra tendenza: oltre a conoscere poco l’argomento, ovvero i libri che rientrano in questo target, ci sono adulti che sottovalutano i giovani, i lettori. Una tipologia di adulto in particolare sembra oscillare tra il considerare i libri per ragazzi libri sciocchi, che hanno poco da dire, e poi, quando si trovano in mano dei libri completamente diversi da quello che pensavano, la loro prima reazione è dire che non sono adatti ai ragazzi. Credo che gli adulti non guardino abbastanza i lettori, non guardino abbastanza i ragazzi, perché i ragazzi sono più sofisticati e più raffinati, e hanno più profondità, di quanto gli adulti credano. »

Infatti lo stile di scrittura della Hardinge, come le sue storie, è molto complesso e ricco, soprattutto di metafore, per le quali la scrittrice ha un vero e proprio amore.

« Amo le metafore. Ne uso così tante perché mi lascio trasportare. Amo molto la lingua, l’uso della lingua e giocare con la lingua. Ho l’impressione che la lingua funzioni al meglio quando rimango sorpresa dal modo in cui la utilizzo. Una delle cose che faccio, quando arrivo all’ultimo editing, è eliminare le metafore, altrimenti ce ne sarebbero molte di più nei miei libri. »

E sono presenti elementi ricorrenti che lei stessa identifica e di cui non può fare a meno.

« Non so quanti elementi fondamentali comuni a tutti gli scrittori possano esserci, Penso che il bello delle storie è che sono così diverse. Quello che mi viene in mente, di ingredienti fondamentali per quanto mi riguarda, sono i personaggi e poi elementi come il mistero, l’avventura, il cambiamento, il senso del bizzarro, l’inaspettato, umorismo nero e curiosità. Sono tutte cose che per me hanno un senso. »

Parlando invece dei suoi scrittori preferiti:

« Ho centinaia di scrittori preferiti ma ho sempre avuto un posto speciale per uno scrittore, che è mio nonno. Mio nonno era uno scrittore. Era nato in una famiglia molto povera e all’epoca, come tanti altri ragazzi di famiglie povere, non ha potuto continuare a studiare. Ha interrotto gli studi a quattordici anni per mettersi a lavorare ma era un ragazzo molto intelligente e ha cercato di lavorare il più possibile, di continuare a dedicarsi allo studio, di informarsi. È riuscito a studiare abbastanza per diventare insegnante e nel tempo libero scriveva. Ha scritto al punto tale da riuscire a essere pubblicato. Alla fine ha pubblicato circa dodici libri nell’arco della sua vita. Lui è la persona che sento più vicina e più importante. 

Altri scrittori che rispetto molto che scrivono oggi sono Patrick Ness, Sarah Crossan e Sara Nickerson. »

Francis Hardinge indossa sempre un cappello nero e fonti anonime a lei vicine riferiscono che abbia una Gemella Cattiva che invece veste sempre di bianco ed è sprovvista di cappello.

« Ho sempre amato i cappelli, da quando ero bambina. C’è una mia foto di quando avevo sei anni in cui ho in testa un cappellino blu. Poi c’è stata una fase attorno ai sedici anni in cui ho cominciato a prenderne di un altro tipo e alla fine dei miei vent’anni ho cominciato a scegliere questa tipologia di cappelli, che mi piace moltissimo perché mi ricordano film che amavo molto guardare. Erano film in bianco e nero, vecchi film classici, detective story, gialli, thriller, con personaggi che portano l’impermeabile con il bavero alzato e questi cappelli, dall’aria misteriosa. Li amavo e quindi ho iniziato a usarli, e anche loro mi ricordano le storie. »

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Concludo il post segnalandovi:
- il sito ufficiale di Frances Hardinge, ricco di curiose informazioni;
- la pubblicazione, il prossimo 31 Ottobre, di Deeplight in inglese;
- il mio commento a L'albero delle bugie.

Ringrazio l'Ufficio Stampa di Mare di Libri che mi ha permesso di partecipare all'edizione di quest'anno con il pass stampa.

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